In occasione del centenario della nascita (1908 – 2008) sono stati promossi dalla famiglia e da varie Istituzioni pubbliche una serie di eventi per ricordare la figura di Vittorio Granchi documentandone l’apporto in campi in cui egli primeggiò: il settore del restauro ma anche quello del disegno e della pittura.
Antonio Paolucci, in occasione della presentazione del catalogo dell’esposizione antologica postuma di Vittorio, allestita nel dicembre del 1992 presso l’Accademia delle Arti del Disegno, si soffermò in particolare sull’opera “Il mio vecchio tavolo di lavoro” del 1931 rappresentandola come “..una icona del suo e del nostro lavoro”. In essa infatti vi sono descritti con lucida e affettuosa attenzione tutti i materiali e gli strumenti della bottega fiorentina dell’artista-decoratore, un repertorio tipicamente “rinascimentale” che il dipinto documenta come ancora in uso nella Firenze degli anni trenta del ‘900.
Dipinti e disegni di Vittorio Granchi sono conservati alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, alla Galleria degli Uffizi, all’Accademia delle Arti del Disegno e presso varie Istituzioni fiorentine. Assai note e considerate di assoluto rilievo storico alcune vedute pittoriche, prese dalla Tribuna degli Uffizi e dal Corridoio Vasariano, delle distruzioni avvenute intorno al Ponte Vecchio nell’agosto del 1944.
Vittorio Granchi è quel che si può ben definire un disegnatore “fiorentino”. Un gruppo di disegni scelti da una commissione composta, nel 2008, dal Presidente della Classe di Storia dell’Arte prof. Detlef Heikamp e dal Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno Prof. Luigi Zangheri per la costituzione di un fondo presso la storica Accademia del Disegno di Firenze, fondata da Cosimo de’ Medici nel ‘500, ben rappresenta questa sua caratteristica che lo fece primeggiare nella figura con una particolare predilezione per il ritratto. Rimarchevoli in questo ambito il suo Autoritratto con la cravatta nera del 1931, oggi nella Collezione degli Autoritratti agli Uffizi, alcuni ritratti della madre (1931, ‘34 e ’38), quello di Lore Müller (1938) e i ritratti della moglie Noris, valente restauratrice (1946-47). Momento particolarmente felice questo, tra gli anni ’30 e ’50, per Vittorio, alla metà del secolo scorso, di feconda operatività e con esiti riconosciuti di qualità altissima.
Noris Rossi (Castel del Piano 1921- Firenze 2006) fu allieva e poi stretta e fidata collaboratrice di Vittorio nel campo del restauro in numerosi interventi sia a Firenze che a Roma. Eccelleva nella fase di preparazione del restauro pittorico. In seguito all’alluvione del 1966 fu volontaria aggregata, per un periodo, all’equipe del Laboratorio Restauri della Soprintendenza diretto da Umberto Baldini che operava, sotto la direzione tecnica di Vittorio, nella basilica di S. Croce a Firenze in operazioni di emergenza sui dipinti vasariani su tavola danneggiati dall’alluvione. Anche in età avanzata collaborò attivamente e affettuosamente al restauro della pala di San Michele di Francesco Nasini (1994-97) della Propositura di Castel del Piano e a molti altri interventi su opere del territorio. Scomparve dopo lunga malattia nel 2006.
Vittorio fu un ottimo ritrattista nella pittura ad olio, basti pensare a opere quali “Il ritratto del Trinca” del ‘37 oggi nelle collezioni della Cassa di Risparmio di Firenze, al “Ragazzaccio” della collezione Rastrelli o al “Ritratto di Bibo”, questi ultimi dipinti tra il ‘37 e il ’38.
Vittorio Granchi, Ritratto del Trinca, 1937, Collezione Cassa di Risparmio di Firenze
Vittorio Granchi, Il ragazzaccio, 1937-38, Firenze, collezione Rastrelli.
Di rilievo anche il ciclo dei ritratti della madre e della moglie Noris, tutti giocati tra disegno e pittura, dalla metà degli anni Trenta a gli anni Quaranta del ‘900.
Significativo il dato che, dopo aver partecipato alla Biennale di Venezia del 1936, di cui lascerà una vivida descrizione in una lettera, agli inizi degli anni ’50 del ‘900 Vittorio Granchi venga invitato a importanti esposizioni alle logge degli Uffizi e a Palazzo Strozzi tra cui spicca quella del cinquantennio: “Mezzo secolo d’Arte Toscana 1901-1950”. Sempre in quel periodo, nel ’51, aveva partecipato alla VI Quadriennale d’Arte di Roma.
Ma sono innumerevoli i dipinti, a partire dal 1931 circa, presenti in molte collezioni private italiane e straniere. Molte di queste opere, comprese le vedute dei dintorni di Firenze e le rovine di via de’ Bardi e via Por Santa Maria devastate nell’agosto del 1944 dalle mine dei tedeschi in ritirata e il drammatico dipinto con le semidistrutte Torri Amidei e Baldovinetti oggi alla Galleria d’arte Moderna di Palazzo Pitti, sono state ordinate nell’esposizione antologica postuma allestita nel dicembre del 1992 nella Sala Esposizioni dell’Accademia del Disegno all’indomani della repentina scomparsa dell’artista e documentate nel relativo catalogo.
Molto resta ancora da fare pur tuttavia intorno alla figura di Vittorio Granchi, al suo fondamentale ruolo svolto in oltre sessant’anni di attività nel campo del restauro ed anche per quel che riguarda la sua intensa attività di pittore e decoratore. Nel 2012, a vent’anni dalla scomparsa, è stata allestita all’Accademia delle Arti del disegno nella Saletta degli Accademici a Palazzo dei Beccai, una esposizione in cui sono state esposte opere inedite o poco note, recuperate negli ultimi anni anche dalla dispersione di collezioni domestiche.
Vittorio Granchi decoratore
A fare ulteriore luce sulla formazione e la vivace attività giovanile di Vittorio è recente il ritrovamento di un gruppo di bozzetti, cartoni e studi di tipo decorativo databili dalla metà degli anni ’20 e che attestano la vivacità e la qualità di mestiere del giovanissimo Vittorio e della sua formazione in quella straordinaria fucina di idee e di capacità che era il Regio Istituto Statale d’Arte di Porta Romana a Firenze dove appunto Vittorio si era formato, nel corso di Decorazione Industriale, sviluppando quelle capacità peraltro già ampiamente “ammaestrate” nella bottega del padre Pasquale. Alcune di queste opere e documenti inediti sono stati presentati il 20 ottobre 2017, nel 25° dalla scomparsa, presso l’Accademia delle Arti del Disegno, con l’allestimento di una piccola esposizione accompagnata da una serie di testimonianze e interventi di specialisti e storici dell’arte e del restauro. La mostra è stata accompagnata da un pomeriggio di studi dal titolo “Vittorio Granchi a 25 anni dalla scomparsa. Un maestro del restauro tra interventi, opere e documenti inediti”, svoltosi nella Sala delle Adunanze dell’Accademia delle Arti del Disegno, il 20 dicembre 2017, con contributi e interventi di Cristina Acidini, Giorgio Caselli, Giorgio Bonsanti, Marco Ciatti, Nicoletta Matteuzzi, Elisa Zonta, Giacomo e Andrea Granchi.
Cartoni e studi per decorazioni e manufatti in rafia colorata, tempere su carta, 1923-25 (Archivio Studio Granchi).
Vittorio Granchi, cartoni con motivi decorativi con fiori e uccelli, e a motivi affrontati, tempere su carta da spolvero, 1925 circa. Archivio Studio Granchi.
Vittorio Granchi e il paesaggio
Nel suo percorso individuale poco incline a sperimentalismi e mantenuto, con grande coerenza, nel solco del più sobrio e consolidato naturalismo europeo, fu anche un fecondo pittore “en plein air”. Traccia di questa predilezione è rilevabile in numerosi disegni a penna e a matita e in molteplici dipinti dagli anni ’30 agli anni ’60 realizzati in occasione della partecipazione ad esposizioni o concorsi nazionali all’aperto come “Impruneta”, “Marina di Ravenna” o “Ancona” ad esempio, che evidenziano la sua passione per il territorio e la sicurezza, la vivacità e il vitalismo di un segno e di una “..pennellata scoperta e quasi tracciante” come ebbe a scrivere acutamente Giovanni Colacicchi in suo articolo su Vittorio apparso sul giornale La Nazione, in occasione di una mostra, nel 1956.
Vittorio Granchi, Esodo, Albania 1942